Musica maestro

Ero il violino più famoso dell’orchestra Non c’era assolo o melodia che non passasse tra le mie dita. E oggi la gente passa e mi lascia il suo danaro senza neanche ascoltare. Senza neanche provare a capire. Soltanto i bambini sembrano interessati. Forse sono solo… Attratti dal mio aspetto forse E poi c’è lei… Resta li quasi tutti i giorni a fissarmi, aspettando che la sua canzone preferita finisca per lasciarmi il suo leccalecca. Un giorno passa di la il Re che fa fermare la carrozza. OOO ferma! RE- “Maestro Chokowsky” MAESTRO- “Sire!” R- “Ma allora è vero ciò che mi hanno detto, prego salga su, il povero maestro ridotto a suonare all’angolo della strada.” In quel momento la carrozza riparte e la bambina resta immobile a fissare i gradini vuoti, e prima di andare via posa il suo leccalecca nel boccale delle offerte del maestro. R- “ Mi era sembrata una tale assurdità che ho voluto verificare di persona “ M- “Vede Sire… purtroppo…” R- “Non importa, da oggi non dovrà più soffrire il freddo, verrà a palazzo con me e suonerà per il Re in persona.” Ma i capricci di un governatore sono tanti, e gli obblighi verso di lui ancora di più, non c’era ora della notte che non fosse adatta al mio violino. Favoriva il sonno del Re, e per il regno era meglio avere un violinista insonne, che un Re di malumore. Di giorno l’orchestrina di palazzo allietava gli ospiti, e di notte un triste violino addormentava il regno. Fu così per anni. Una notte il Re fece chiamare il Maestro. M- “Buona sera Sire!” R- “Allora Chokowsky suonami un bel motivetto rilassante, fa che la tua arte allieti i miei incubi e favorisca il mio sonno.” M- “Non posso Sire!” R- “No? Come no?” M- “Sire da un bel pezzo il mio violino è triste, e la mia arte mi ha abbandonato.” R- “Ma non dire fandonie, suoni per me tutti i giorni e ti assicuro che il tuo violino, canta ancora come ai bei tempi. Perfino i miei invitati restano inebriati dalla tua musica.” M- “Mi scusi Sire ma credo che i suoi invitati non capiscano un bel niente di musica, molti di loro non distinguerebbero un’operetta da una ninnananna.” R- “Come osi… Io ti faccio decapitare.” M-“Sire…dopo avermi tolto alla strada, ai rigori dell’inverno e alle dolci attenzioni di una bimba, lei mi ha tolto anche la mia libertà, ed un artista senza libertà non è più un artista. A questo punto non le resta che togliermi a vita, ma visto che la mia vita era la mia arte, in verità credo che lei non possa più togliermi nulla. Agli agi di corte preferisco la strada, dove è rimasta ad attendermi la mia arte con un leccalecca in mano. E quando la morte mi prenderà sarò li ad attenderla. Vede Sire vorrei morire da vivo!”

Antonio Cella

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